lunedì 20 giugno 2011

La blogger Amina Arraf non esiste




Lo avevamo già premesso, nel post che gli abbiamo dedicato nel nostro blog: sono cominciate subito a girare voci contraddittorie sulla storia della blogger gay, siriana, Amina Arraf, rapita dalla polizia di Damasco. Dunque adesso sembra tutto chiarito…il fiore di Damasco non esiste. Dietro all’identità online della ragazza, si cela un cittadino americano di nome Tom MacMaster.
Il blogger, stavolta quello vero, vive in Scozia, dove studia per un master alla Edinnburgh School: da anni impegnato per ottenere l’attenzione dei media, sulla situazione dei diritti umani in Siria. La storia del finto blog, e delle conseguenti vicende, è stata confermata anche dalla moglie di MacMaster, contatta dal The Guardian.
Il punto, comunque resta sempre lo stesso con cui concludevamo il nostro articolo:




“Ma in fondo poco importa, se si chiama Anima o in qualche altro modo, o ancora non importa se la persona fisica dietro alla penna di Anima sia al sicuro e non catturata. In Siria, le situazioni come quella che abbiamo raccontato sono all’ordine del giorno: attivisti per i diritti umani catturati o maltrattati, oppositori politici rinchiusi, intellettuali imbavagliati con metodi tutt’altro che soft.
Il contesto sociale della storia è realtà, servirà ad attirare l’attenzione del mondo, qualora ce ne fosse ancora più bisogno, verso un disperata situazione di intolleranza e di mancato rispetto della libertà individuale: la Siria di Assad.”
E quanto dicevamo, è confermato dagli episodi che stanno contraddistinguendo queste ultime ore, proprio a Damasco. I thank in giro per le strade, sono tutt’altro che virtuali…

La guerra del download musicale continua: Amazon MP3 abbassa i prezzi a 69 centesimi




Per anni, Apple iTunes ha dominato il mondo del download musicale, conquistando una canzone alla volta il mercato costituito soprattutto dai preadolescenti . Ma immaginiamo l’avvento di nuovo giorno, in cui è Amazon ad essere il leader in questo campo e dove le canzoni più popolari si possono acquistare per una frazione del prezzo normale.
Possibile solo in una realtà alternativa? Non esattamente. Amazon attualmente detiene solo il 10% della quota complessiva di mercato della musica online e quindi ha ancora molta strada da fare prima di superare Apple. Ma è un fatto che sta davvero vendendo top hits musicali ad un prezzo di 20 centesimi in meno rispetto la concorrenza.
Ebbene sì, questo significa che ora è possibile scaricare una copia di “Born This Way” di Lady Gaga legalmente, senza sensi di colpa e ad un prezzo più che ragionevole.
Con una mossa a sorpresa che ha spiazzato (e resa nervosa) Apple, Amazon ha semplicemente ridotto i prezzi della singola canzone a 69 centesimi, quasi la metà del costo applicato da iTunes , che mediamente si attesta sui $ 1.29.
Questo non è il primo tentativo strategico di Amazon di diminuire la posizione dominante di Apple sui download di musica digitale. In marzo ha lanciato il suo nuovo servizio di raccoglitore musicale “Cloud Driver”, ma rosicchiare quote di mercato del 70% della Mela di Steve Jobs non è certo un’impresa facile.
Ma sarà questa nuova, aggressiva mossa politica dei prezzi a smuovere il mercato a favore di Amazon ?
Forse, ma molti esperti esprimono seri dubbi al riguardo: il taglio dei prezzi può avere come effetto di attrarre più acquirenti alla ricerca di un singolo affare a buon mercato alla volta, ma non necessariamente porterà alla acquisizione di clienti fedeli.
“Il consumatore medio di musica spende 46 dollari l’anno per scaricare le tracce digitali, cifra che si è ridotta della metà rispetto a quella del l’anno scorso,” ha dichiarato al Los Angeles Times Russ Crupnick, analista di musica digitale del Gruppo NPD, “La questione non è se si può vendere una pista ai 69 cent. Quello che veramente conta è se è possibile ottenere un cliente che spenda 69 dollari.”
In parole povere, meglio che Amazon tenga presente il vecchio ma sempre attuale proverbio “non fare i conti senza l’oste”. Soprattutto quando l’oste è bello grosso come Apple.

domenica 19 giugno 2011

guadagnare con Internet, Adsense funziona!!!




La diffusione crescente di Internet nel nostro Paese ha decretato il successo di tante iniziative che promettono guadagni facili e remunerativi grazie all’uso di Internet.
Nei tanti anni in cui ho navigato per la Rete, di articoli e strumenti che promettevano guadagni stratosferici con pochi semplici click ne ho visti veramente tanti.
Finora quello che mi sembra più attendibile è il guadagno che arriva dall’inserimento di banner ed annunci pubblicitari, tipo Adsense, nei propri blog o nei propri articoli, a patto che ricevano un numero sufficientemente alto di visitatori.
Per questo motivo solitamente sconsigli di utilizzare dei blog personali o dei siti creati da noi, in ragione del fatto che, iniziare in questo modo, potrà portarci a delle delusioni in merito alle aspettative di guadagni rapidi che ci eravamo fatti.
Assodato quindi che il sistema effettivamente porti dei guadagni, il primo passo da fare, una volta che si disponga di un account registrato su Adsense, è quello di cercare dei siti molto frequentati, o abbastanza specifici nelle tematiche affrontate, tali da garantire un alto numero di visitatori ai nostri articoli (aumentando così la probabilità che vi siano dei click sugli annunci ospitati nel nostro articolo).
Scrivere per dei blog o dei siti già altamente visitati ci potrà garantire un più alto via vai di visitatori, tenendo alto il morale in vista di futuri guadagni.


Nessuno ha tempo da buttare, tanto meno lavoro gratuito, ma sicuramente con un po’ di impegno e gli strumenti adatti, qualche guadagno da internet può arrivare.

Fondamentale è ricordare che i guadagni non sono davvero stratoferici, bisogna sempre regolarsi sulla quantità e sulla scelta di programmi di annunci seri che poi effettivamente retribuiscano i compensi che promettono. In questo caso, quindi, ciò a cui dobbiamo dare maggiormente importanza è la serietà di chi propone gli annunci. Ho letto di tante alternative ad Adsense, ma non sempre chi le ha utilizzate è stato contento del trattamento ricevuto. e se permettete un consiglio non penso che google si metta ad imbrogliare o a non pagare perchè non è un azienduccia da quattro soldi!!!
Certo non si tratterà di grosse cifre inizialmente, ma perlomeno il vostro lavoro potrà fruttare nel tempo anche qualcosa in più, dato che i vostri articoli, finchè resteranno on-line, continueranno a generare guadagni grazie agli annunci inseriti.
Che dire, allora buona ricerca e buon guadagno!





Google rivela la percentuale delle revenue di AdSense per gli editori: 68%

La richiesta: ad agosto 2009 la FIEG denuncia Google News, sostenendo (in estrema sintesi) che i quotidiani online che richiedono di non apparire nell’aggregatore delle notizie di Google vengono penalizzati anche nel motore di ricerca.
La risposta: Google mette per iscritto gli impegni che desidera assumersi, sia lato Google News che Google AdSense.
In particolare, colpisce una frasetta contenuta nell’ultimo paragrafo del PDF:
“Google Ireland è comunque pronta ad impegnarsi a comunicare la percentuale di revenue-sharing spettante a ciascuno degli Affiliati al Programma AdSense Online sull’interfaccia di AdSense disponibile online per tre anni a decorrere dall’accettazione formale degli Impegni da parte dell’Autorità.”
E non è tutto.
Poche ore fa, prima sul blog inglese e poi su quello italiano di Google AdSense compaiono (inaspettatamente direi) le percentuali percepite dagli editori e dai partner per la ricerca:
“I publisher che utilizzano AdSense per i contenuti, ossia la maggior parte dei publisher AdSense, guadagnano, in tutto il mondo, il 68% delle entrate. Questo significa che per gli annunci AdSense per i contenuti pubblicati sui vostri siti vi ripaghiamo il 68% dell’importo che ci pagano gli inserzionisti.”
“I partner di AdSense per la ricerca ricevono, in tutto il mondo, il 51% di compartecipazione alle entrate per gli annunci associati ai risultati di ricerca.”
Cosa penso: un plauso a Google per la trasparenza, per aver indicato le percentuali senza troppi giri di parole: la quota è, tutto sommato, onesta; non credo che nessuno abbia pensato che Google lasciasse ai publisher cifre più alte.
Un “plauso” anche alla FIEG, che sparando (principalmente) contro Google News ha colpito di rimbalzo AdSense, permettendo di togliere il velo ad uno dei più grossi interrogativi che attanagliava gli editori web di tutto il mondo: quanto guadagna Google e quanto rimane in tasca a me?
L’”operazione trasparenza” di Google non è però, a mio modo di vedere, completa.
Io auspico un vero dialogo fra editori e AdSense, dialogo iniziato (“abbiamo ricevuto più di 600 suggerimenti e 35 mila voti e li abbiamo esaminati tutti”, fanno sapere da Google) ma ancora in embrione.
Io sogno un vero sistema di trouble ticketing dove un publisher, se ha un problema serio (dallo Smart Pricing al ban), apre un ticket e riceve una risposta veloce, precisa, puntuale. E soprattutto personalizzata.
Un sistema dove sia sempre possibile sapere a che punto sono i ticket aperti, il nome di chi li sta trattando, e non ci si senta nelle mani di risponditori automatici che sparano incompresibili responsi precompilati.
Un sistema “one-to-one”, e non “bot-to-publisher”.
(E magari sarebbe bello conoscere a priori il valore del click pagato dall’inserzionista per comparire sul sito dell’editore).

Tool per generare click fasulli

ATTENZIONE: Scrivo questo articolo non per invogliare ad usare questo software ma per mettere in guardia da facili fregature.

Come tutti quelli che utilizzano la stessa email da alcuni anni, devo quotidiamente cancellare la solita montagna di spam (quasi sempre senza leggerlo).
Oggi però, fra medicinali a prezzo stracciato, consigli per investire in borsa e orologi taroccati, noto una insolita email in inglese, proveniente da un indirizzo tedesco.
Il messaggio (tradotto in italiano) recita più o meno così (ne ho fatto un breve sunto, omettendo ovviamente il nome del prodotto):
“Fai un sacco di soldi al mese con il nostro AdSense clicktool.
Inserisci semplicemente l’indirizzo del tuo sito nell’apposito campo, il numero di click desiderati e l’intervallo di tempo fra i click.
Il nostro tool utilizza una lista di proxy anonimi, e pertanto cambia indirizzo IP ad ogni click”
.
Ovviamente c’è inclusa anche una immagine del software fraudolento
che viene venduto via PayPal a 20 dollari (ma lo trova a 10 volte di più su eBay).
Se per caso foste tentati di utilizzare questo o altri sistemi che generano click fasulli, ricordate che:
a) il Regolamento di Adsense lo vieta (“qualsiasi metodo che artificialmente genera clic o impressioni è severamente vietato. Questi metodi vietati includono ma non si limitano a: clic o impressioni manuali ripetute, incoraggiamento a fare clic o generare impressioni, uso di robot o di altri strumenti per la generazione di impressioni automatiche o di software ingannevoli. Vi preghiamo di notare che è proibito fare clic sui propri annunci per qualsiasi motivo, per evitare il potenziale aumento dei costi per l’inserzionista”);
b) i Termini e condizioni di AdSense lo vietano (“eviterete assolutamente di, e non incoraggerete, né autorizzerete terzi a: (i) generare, direttamente o indirettamente, ricerche, Eventi Referral, impressioni o clic su qualunque Annuncio, Risultato di ricerca o Pulsante Referral tramite il ricorso a mezzi automatizzati, ingannevoli o comunque fraudolenti inclusi, tra gli altri, clic manuali ripetuti, robot o altri strumenti per la generazione automatica di ricerche e/o l’uso non autorizzato di altri servizi e/o software per l’ottimizzazione dei motori di ricerca”);
c) l’unico a fare i soldi, sarà lo spammer che vi ha venduto il software, in quanto la generazione di click fraudolenti porta irrimedibilmente al ban dell’account AdSense in brevissimo tempo.
Perciò se doveste incappare in un link che vi consiglia di scaricare (a pagamento o no) questo programmino pensateci su…. poi siete liberi di fare quello che volete… l’account è vostro :)